Inclusione: sono solo parole, mancano i fatti

Inclusione: sono solo parole, mancano i fatti

Inclusione: sono solo parole, mancano i fatti

Milano, 03/04/2024 (informazione.it - comunicati stampa - economia)Diversity, equity e inclusion, tre parole che formano l’acronimo DE&I sempre più fondamentale nel mondo del lavoro. Infatti, secondo una ricerca di BCG basata su dati provenienti da oltre 27.000 dipendenti in 16 paesi, le iniziative in favore di diversità, equità e inclusione riducono del 50% il rischio di attriti sul luogo di lavoro, mentre chi assiste o è vittima di discriminazione è quasi 1,4 volte più incline a lasciare il lavoro. Emerge anche che, quando i dipendenti percepiscono il valore che l'azienda dà a inclusione, diversità e parità di genere, la loro soddisfazione aumenta del 31% e la motivazione del 25%. Numeri significativi in un periodo storico dove la mobilità lavorativa è molto diffusa e le aziende dichiarano di far fatica a trovare talenti. L’importanza delle iniziative DE&I è ben conosciuta tra gli HR director. Secondo un sondaggio realizzato da Barnett Waddingham su un campione di 300 tra HR director e dirigenti C-Suite, il 72% di loro conosce le richieste dei dipendenti per una strategia di diversità, equità e inclusione, ma meno di uno su 5 (17%) ha investito concretamente in tal senso. Tra i motivi che hanno ridotto gli investimenti ci sono le crescenti pressioni riguardanti i costi operativi (83%), le risorse necessarie alla catena d’approvvigionamento (80%) e le richieste di aumenti salariali (79%).
Anche di questi temi si è parlato al recente Richmond Human resources forum che ha offerto un confronto tra direttori del personale di grandi aziende italiane. “Parità di genere e inclusione all’interno di un’azienda sono fondamentali. L’obiettivo è creare un’ambiente in cui ognuno si senta libero di esporre le proprie idee in un ecosistema in cui tutti sono parte in causa. In questo modo migliora anche la capacità di problem solving e diventa più facile trattenere i talenti – ha dichiarato Claudio Honegger, amministratore unico di Richmond Italia, azienda specializzata nell'organizzazione di eventi e forum B2B – La nostra azienda presenta una forte maggioranza di donne, rappresentano l’80% e occupano ruoli apicali come Direttore generale, Direttore commerciale e Direttore conferenze”.

Proprio in tal senso è stata presentata la nuova partnership tra Richmond Italia e Women at Business, il progetto tecnologico italiano, fondato da Laura Basili e Ilaria Cecchini, che nasce per valorizzare il talento e le competenze femminili per colmare il gender gap che posiziona il nostro Paese sempre agli ultimi posti in Europa. Un ecosistema fatto di aziende e di donne in crescita costante – quasi 12 mila i profili femminili nel database, con accesso completamente gratuito per le donne – espresso in competenze e professionalità con cui le aziende entrano in contatto per le proprie posizioni rendendosi parte attiva di un progetto con una ricaduta sociale importante. Sono tutt’altro che lusinghieri ancora i dati emersi nel 7° Rapporto Censis-Eudaimon. Nel 2022, ad esempio, quasi 45mila madri hanno abbandonato il lavoro, il 41,7% di loro ha dato le dimissioni per difficoltà a conciliare il lavoro con la cura dei figli a causa della carenza dei servizi di cura e il 21,9% sempre per difficoltà nel conciliare lavoro e cura della prole, ma per ragioni legate all’azienda in cui lavorano. Una situazione che rischia di penalizzare in primo luogo proprio le aziende visto che, secondo il PwC Inclusion Matters insights 2024 riportato recentemente dal Financial Mirror, le donne che percepiscono livelli più elevati d’inclusione sul posto di lavoro sono 1,7 volte più propense a cercare attivamente opportunità per apprendere e sviluppare nuove competenze e sono 1,2 volte meno interessate a cambiare datore di lavoro.

"Serve dare un segnale tangibile che abbiamo imboccato un nuovo corso – conclude Claudio Honegger – Nella nostra ormai lunga carriera abbiamo visto un’evoluzione netta nella carriera delle donne, ma siamo ancora lontani da quella parità di genere, soprattutto in ambito salariale che tutti auspichiamo. Ecco perché vogliamo fare la nostra parte, ancora di più. E il fattore abilitante della tecnologia sviluppata da Women at Business è uno degli strumenti più potenti per farlo”.

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