Arriva in Italia lo Stem Women Congress, l'evento che incoraggia le carriere delle donne nella scienza e tecnologia

Arriva in Italia lo Stem Women Congress, l'evento che incoraggia le carriere delle donne nella scienza e tecnologia

Arriva in Italia lo Stem Women Congress, l'evento che incoraggia le carriere delle donne nella scienza e tecnologia

Di Debora AttanasioPUBBLICATO: 30/04/2024

"La frase più pericolosa in assoluto è: abbiamo sempre fatto così". L'ha detto Grace Murray Hopper, la grande matematica e informatica militare della marina statunitense scomparsa nel 1992, una delle donne role model al primo Stem Women Congress italiano che si terrà il 28 maggio a Milano, su iniziativa del network di comunicazione Orange Media Group, l'agenzia di eventi FMA Hub, e last but not least, Women at Business, la piattaforma di incontri professionali tra donne e aziende, in sinergia con il Comune di Milano e il Patto per il Lavoro, il documento firmato nel 2022 per migliorare la qualità dell'occupazione e per dare una spinta allo sviluppo economico. Stem Women Congress è un format nato a Barcellona nel 2019 su iniziativa della Stem Women Association, dove "Stem", per chi non lo sapesse, è l’acronimo di science, technology, engineering, mathematics, ovvero le discipline in cui la parità di genere è ancora lontana. Così lontana che secondo lo SWC Annual Report 2023, se tutte le bambine e ragazze di età tra 0 e 16 anni optassero oggi per una carriera Stem, non si raggiungerebbe il 50% di presenza femminile nel settore fino al 2050. Con largo anticio sull'evento, abbiamo deciso di parlarne con la presidente di Stem Women Congress Italia Laura Basili, che insieme a Ilaria Cecchini è anche la fondatrice di Women at Business, un'agenzia che mette in contatto aziende e donne incitandole col motto "Diventa libera di scegliere il lavoro giusto per te!".

Le donne non sono già libere di scegliere il lavoro giusto?
Non tutte, purtroppo. Le scelte delle ragazze sono guidate da troppi condizionamenti culturali e sociali, quindi non sono delle vere e proprie "scelte". Ci si adatta a quello che la società e gli stimoli esterni impongono, senza porsi la domanda “ma è davvero quello che voglio fare? È davvero il lavoro con cui riesce a utilizzare il mio potenziale?". Questo è un problema anche per le aziende, perché si ritrovano ad avere lavoratrici che potrebbero dare il massimo, e invece si accontentano di un ruolo in cui non lo posso esprimere. Noi puntiamo a valorizzare le competenze delle donne inserendole nei ruoli in linea con le loro qualità.

Lei è stata libera di scegliere il lavoro giusto per se stessa?
Diciamo di sì. Intanto, i miei genitori mi hanno lasciato libera di studiare quello che mi piaceva, senza chiedermi di fare una certa facoltà solo per trovare più facilmente lavoro. Sono molto fiera di essere laureata in filosofia 30 anni fa, che è una disciplina sottostimata e c'entra con le Stem più di quanto sembri.: basta pensare all’epistemologia, la filosofia della scienza, e al reale verso il metafisico, la scienza è anche oggetto di studio della filosofia. Poi volevo lavorare nelle comunicazioni, e l'ho fatto mentre vivevano il loro momento clou. Infine, ho intrapreso il progetto di Women at Business.

Come è venuta l'idea?
Insieme alla mia socia Ilaria Cecchini abbiamo analizzato il mondo del lavoro nel 2019 e ci siamo rese conto degli ostacoli quasi insormontabili che si paravano davanti alle donne, primo fra tutti la maternità. Possibile che la maternità debba essere considerata qualcosa di negativo, o un ostacolo? Eppure siamo rimaste allibite leggendo il dato del Ministero del lavoro secondo cui c’erano state quell'anno 40mila dimissioni volontarie di donne per la nascita di un figlio. Poi nel 2020, con la pandemia, sono state 100mila le donne che sono rimaste fuori dal mondo del lavoro, Ferruccio De Bortoli ha usato un'espressione molto azzeccata: espulsione di genere. Da quel momento in poi, almeno, se n'è iniziato a parlarne, c’è ancora tanto da fare ma perlomeno c’è una narrativa. Ci siamo domandate: che possibilità hanno poi queste donne, così come quelle che seguono un marito trasferito, o perché hanno avuto una malattia, o si sono prese cura di un genitore, a volte anche di un suocero, di rientrare nel mondo del lavoro? Non esiste nessun ente istituzionale che lo faccia. Così lo facciamo noi, che siccome siamo state più fortunata, soddisfiamo anche un desiderio di give back, facendo qualcosa per quelle che non lo sono state.

Come si entra nel circuito di Women at business?
Gratuitamente, tramite piattaforma online o app. Per le donne è tutto gratuito, a sostenerci sono poi le aziende che reclutano presso di noi. Una donna si iscrive, crea un profilo basato sulle sue competenze e indica da quanto tempo è fuori dal mondo del lavoro; non ci serve il curriculum, i curricula dicono cosa hai fatto, non cosa vorresti fare. Le aziende trovano i profili tramite un algoritmo di matching tipo Tinder. La donna riceve l’avviso che è stata abbinata a un’azienda in cerca di qualcuno con le sue competenze, e se è interessata, mette il like. Solo a quel punto noi passiamo i suoi dati all’azienda. Se invece lei non vuole, o non può sostenere un colloquio con quell'impresa, magari perché ci ha già lavorato o ci sta lavorando, l’azienda non saprà mai la sua identità.

Perché mai le aziende si dovrebbero rivolgere a un agenzia che propone solo donne?
Ci sono aziende virtuose che oltre ai fatturati, al ricavo e alla produttività sono sensibili al sociale. Poi ci sono quelle che desiderano un punteggio alto in alcune gare dove è richiesta la certificazione della parità di genere nelle imprese, la UNI/PdR 125. Chi ha bisogno di incrementare il numero di donne nell’organico consulta il nostro database e ci contatta.

Come l'ha presa, il mondo del management, questa sorta di "forzatura" delle quote rosa?
Einstein diceva: "è più facile scindere un atomo che spezzare un pregiudizio". Per fargli superare l’idea del dover assumere donne per forza, noi rispondiamo che però stanno assumono anche figure con le esatte competenze che servono a quell’azienda. Sono figure di qualità. Fra l’altro, le donne sono la maggioranza dei laureati in Italia, e anche se nelle discipline Stem sono ancora la minoranza, bisogna dire che il 14% di queste non finiscono sul mercato del lavoro. Vengono dirottate sull'insegnamento, che va benissimo se è una scelta spontanea e non un ripiego dovuto alla difficoltà di fare i dottorati e la ricerca, di riuscire a partecipare alle conferenze con la facilità con cui riescono gli uomini. Nei giorni scorsi è uscita una foto del consiglio di amministrazione della AIFA, l’agenzia Italiana del Farmaco, ed erano tutti uomini: possibile che non ci fosse nemmeno una donna scienziata all’altezza di farne parte?

Molti pensano che le donne siano geneticamente meno portate per queste materie...
Chiariamolo una volta per tutte: fra uomo e donna non ci sono differenze nel modo in cui il cervello elabora i processi necessari allo studio delle materie Stem. È il contesto a influenzare. Se io sono una ragazzina a cui piace tanto la matematica e vorrei farne il mio mestiere, ma non ho un modello di riferimento, non vedo mai una matematica in TV o nei convegni, nelle conferenze, penso che non sia la strada per me. In automatico, non mi riconosco in quel percorso. Ecco perché Samantha Cristoforetti è stata criticata perché ho lasciato due bambine al marito. Non coincide con ciò che vediamo. E non le stava lasciando in un orfanotrofio, ma con il loro papà, che è un altro scienziato. E non è un "mammo", è il padre. È importante che all’interno di una famiglia si dia al padre la stessa importanza della madre, basta con "di mamma ce n’è una sola": vale anche per il papà. In una società equa e sostenibile, con pari opportunità, ognuno deve poter esprimere le sue potenzialità e questo deve valere anche per gli uomini, che a volte non prendono in considerazione carriere che vengono considerate adatte alle donne. Samantha Cristoforetti è un’ottima role model, grazie a lei è aumentato il numero di donne che hanno fatto richiesta per entrare nell’ESA, la European Space Agency. Ma è una su mille che ce l’ha fatta. In Women at Business cerchiamo di indicare anche esempi alla portata di tutte, che siano accessibili alle bambine, che vadano a raccontare nelle scuole la loro avventura e che cosa significa avere una carriera di questo tipo. Ma c'è anche un altro ostacolo.

Quale?
Lo stereotipo secondo cui le donne siano l’una contro l'altra, che non possano fare squadra. Le donne lavorano insieme benissimo, purtroppo è una diceria messa in giro da maschilisti e misogini che ricade su tutta la società, perché penalizzare le competenze delle donne significa impoverire la società intera per generazioni. Il genere non può essere un limite. E nemmeno l'età. A Women at business facciamo anche da aggregatore per i migliori corsi gratuiti col motto "Formarsi per non fermarsi". Non è mai troppo tardi, per cui diamo modo di acquisire le competenze più richieste dal mercato di oggi erogati da aziende virtuose. Perché bisogna essere al passo coi tempi, e adesso i tempi corrono davvero molto velocemente.

 

 

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